Su suggerimento di @New-Corporale e @uqbal e @Ciacciu.
Se prima di votare al referendum vi è venuta la curiosità di capire come mai di punto in bianco (anzi no) a qualcuno è saltato in mente di cambiare la Costituzione, Ventura ha provato a spiegare per Il Tascabile Treccani quello che visibilmente non funziona nel nostro assetto istituzionale. Si parte da uno stallo alla messicana, come nei film di Tarantino, e si arriva a un abuso permanente della decretazione d’urgenza, proprio come sotto il fascismo. Giorgio Agamben lo ha chiamato “stato di eccezione”, collegando esplicitamente l’attuale sistema di governo italiano al Patriot Act americano e alla sospensione del diritto ordinario sotto Hitler e Mussolini.
Sempre per LeftWing il sì vuol dire smettere l’abuso della decretazione d’urgenza in nome di una fantomatica necessità permanente, da quarant’anni il potere esecutivo tiene in ostaggio la normale attività legislativa. Non è la trama di un film di fantascienza ma la nostra realtà politica quotidiana. “Sì” al referendum del 4 dicembre: contro una quarantennale prassi emergenziale e un ordinamento letteralmente catastrofico.
Spostando leggermente il focus dalla decretazione d’urgenza, questo articolo di Linkiesta spiega i due punti basilari della riforma (al di là dell’essere renziani o meno): il superamento del bicameralismo paritario e il rapporto Stato-Regioni. Il bicameralismo paritario ha permesso il fenomeno delle “navette”: il rimpallo tra Camera e Senato, fenomeno che dovrebbe scomparire proprio grazie a questa riforma costituzionale. Il ddl Boschi, se approvato, comporterà il superamento del bicameralismo perfetto (riforma articolo 70) e porterà alla riduzione degli àmbiti in cui il Governo potrà proporre decretazioni d’urgenza (riforma articolo 72).
Un tema molto discusso su hookii è stato quella dei tempi parlamentari per l’approvazione delle leggi. Al di là del favore o meno alla riforma,di seguito mostriamo alcune analisi.
Contrariamente al trittico qui sopra, gli studi di Openpolis (qui e qui) del Sole 24 Ore (qui), dimostrano che soltanto il 20% delle leggi approvate hanno subìto più di due passaggi; di queste, il 62% sono di iniziativa governativa, mentre il 36% di iniziativa parlamentare. Complessivamente, appare contenuto il problema delle “navette” e un po’ più accentuato per le leggi di iniziativa parlamentare.
L’altro punto toccato dalla riforma Boschi è quello dei decreti d’urgenza, che avranno sì tempi certi e piuttosto brevi, ma con un raggio d’azione limitato. Come si vede da questo articolo di Openpolis (più in dettaglio in questo minidossier sempre di Openpolis , l’abuso dei decreti d’urgenza da parte del Governo è molto consistente nelle ultime due Legislature: dal 2008 ad oggi circa il 20% delle leggi approvate dalle due Camere sono conversioni di decreti legge. Se si aggiunge il fatto che il 36% delle leggi approvate sono ratifiche di trattati internazionali, si vede che la maggior parte delle leggi approvate non sono di natura parlamentare.
In un’infografica presente nel minidossier si vede anche come sia frequente l’uso dello strumento di fiducia; infatti nelle ultime due legislature il 27% delle leggi approvate ha richiesto proprio questo strumento(il 34% delle volte nel governo Renzi).
Immagine di Hieronymus Bosch (1450 circa–1516), Pubblico dominio, da Wikimedia Commons
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