Trattiamo troppo male la nostra lingua? Il grido d’allarme ci arriva, questa volta un po’ di rimbalzo, tramite questo articolo della televisione della Svizzera Italiana.
Giorgio Cantoni racconta quello che un gruppo di linguisti, giornalisti, docenti e appassionati stanno facendo per diffondere la conoscenza e l’uso della “lingua di Dante”, in quest’epoca nella quale pare inevitabile e inarrestabile l’utilizzo, spesso errato, di termini inglesi.
D’altronde, come viene sottolineato all’inizio dell’articolo stesso, nella Costituzione non c’è scritto da nessuna parte che l’italiano sia la nostra lingua ufficiale.
L’italiano è una lingua ufficiale federale della Svizzera sancita nella sua Costituzione da ormai quasi due secoli. A livello cantonale, l’articolo 1 della Carta ticinese afferma che “Il Cantone Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane”, e nel suo preambolo si legge che il popolo ticinese è “fedele al compito storico di interpretare la cultura italiana nella Confederazione elvetica”. Nella Costituzione italiana, al contrario, non esiste alcun articolo che sancisca l’ufficialità della lingua italiana, né che ne parli.
L’opinione dell’autore è che non solo non si facciano politiche attive per la tutela della lingua italiana, ma che addirituttura si lavori in senso contrario.
Il fatto che ritengo preoccupante è che negli ultimi dieci anni, lo Stato e alcune delle più importanti istituzioni del Paese in campi strategici quali l’alta formazione, la scienza e lo sport, non solo non abbiano fatto nulla a favore della nostra lingua, ma abbiano addirittura intrapreso ciò che sembra a tutti gli effetti una politica attiva contro l’italiano.
Cantoni sottolinea come gli atenei decidano di adottare l’inglese come lingua ufficiale, il mondo dello sport utilizzi spesso termini inglesi anche a livello di CONI per definire i team italiani nelle competizioni e le stesse leggi siano piene di anglicismi.
Nel frattempo il Parlamento approva leggi zeppe di anglicismi, come quella sul Cashback di Stato o la Stepchild adoption, la compagnia aerea di bandiera passa dal nome Alitalia a ITA Airways, viene lanciata una piattaforma digitale che faccia da “palcoscenico della cultura italiana nel mondo” e la si chiama ITsART, mentre la campagna mondiale di promozione del Paese – o meglio di country branding, per usare le parole del ministro degli esteri Di Maio – è tutta in inglese e ha come nome BeIT.
Secondo Cantoni le proporzioni del fenomeno e la rapidità con cui la nostra lingua sta cambiando sono notevoli, senza che ci sia alcun dibattito in merito.
Di fronte a un fenomeno gigantesco e in evoluzione rapidissima come questo, in Italia non si è sviluppato finora alcun dibattito serio. I linguisti, salvo alcune importanti eccezioni, hanno a lungo minimizzato o addirittura negato il fenomeno.
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