un sito di notizie, fatto dai commentatori

A che punto sono i diritti umani in Italia, un rapporto dell’ECRI

0 commenti

Su suggerimento e a cura di @lara

Il 7 giugno è stato pubblicato il Rapporto dell’ECRI sull’Italia. L’ECRI è la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza. Al suo interno si spazia dall’omofobia al razzismo, nelle scuole e non: una parte infatti si concentra anche sulla Buona scuola (è in questi giorni, tra l’altro, che si discute alla camera dell’educazione sentimentale a scuola). Lo studio dell’ECRI cita alcuni casi di razzismo anche istituzionale, come quello contro Kyenge (pag.18) e relativi a partiti politici come Casa Pound (pag. 19). Altra parte è dedicata alla raccolta dei dati sul razzismo e la discriminazione razziale da parte delle autorità italiana, ad oggi non ancora in grado di farlo in modo sistematico e coerente (pag. 17). Interessante proprio per la discussione che si sta facendo riguardo ai fatti di Fermo la parte relativa al razzismo nelle manifestazioni sportive: «L’ECRI ritiene che il DASPO da solo non possa prevenire il razzismo negli stadi di calcio o in occasione di altre manifestazioni sportive» (pag.21).

Tra le direttive dell’ECRI c’è quella di fare diventare l’UNAR un organo realmente indipendente (punto II.1), si ricorda inoltre che l’Italia non ha ancora ratificato il Protocollo 12 della Commissione europea:

che ha firmato nel 2000 e che introduce il divieto generale di discriminazione. La ratifica del Protocollo, in quanto parte essenziale della lotta contro il razzismo e l’intolleranza, è prevista nel disegno di legge n.1633, presentato al Senato nel settembre 2014.

Dal punto di vista legislativo l’Italia sembra frammentata, anche se l’articolo 3 della Costituzione garantisce la parità tra cittadini per sesso, colore, religione: «il ramo legislativo non ha mai adottato una legge ordinaria generale relativa alla parità di trattamento, al divieto della discriminazione e all’attuazione del principio di uguaglianza. Esiste una proliferazione di leggi frammentate che rischiano di creare lacune e incoerenze, soprattutto in materia civile e amministrativa».

Per quel che riguarda l’integrazione dei cittadini di nazionalità non italiana, le statistiche sembrano positive, sia guardando i numeri della partecipazione a programmi di apprendimento per la lingua italiana, sia per la soddisfazione generale nel vivere in Italia («Tale soddisfazione sembra essere confermata dai dati pubblicati nel “Migration Policy Index 2015”, che colloca l’Italia al 13° posto su 37 paesi europei e gli Stati Unit»). Si sottolinea però come la legislazione basata sullo “jus sanguinis” non rispetti del tutto la Convenzione europea sulla nazionalità. Il rapporto va avanti nella descrizione dell’integrazione degli immigrati secondo occupazione, scolarità e situazione abitativa. Due punti a sé sono dedicati alla situazione delle comunità rom e musulmane. Forti raccomandazioni vengono poi fatte «per garantire che il principio di nonrespingimento sia pienamente rispettato e garantire accesso alle procedure di asilo» (pag. 31-32):

Tuttavia, malgrado questi numerosi e vari sforzi e miglioramenti, il sistema di concessione dello status di rifugiato presenta alcuni limiti. Le commissioni territoriali, ognuna composta da quattro membri, hanno una mole di lavoro estremamente pesante, e ogni membro esamina decine di domande ogni giorno. La decisione di concedere o meno lo status di rifugiato viene spesso presa lo stesso giorno del colloquio, dalla persona che effettua il colloquio. Secondo il rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), i membri della commissione non sempre posseggono la competenza necessaria, nonostante la formazione ricevuta, e non partecipano regolarmente, il che significa un costante turnover nella composizione delle commissioni con effetti negativi sulla qualità e la coerenza delle decisioni.

 

Immagine da Pixabay


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.