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Alla ricerca degli animali scomparsi

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Una volta morti non si può tornare indietro, ma si possono evocare un pensiero e un desiderio, una copia prossima alla realtà

Andrea Giardina, saggista e scrittore, ha pubblicato su sito Doppiozero questo articolo che recensisce l’ultimo libro della scrittrice finlandese Iida Turpeinen,  L’ultima sirena, edito da Neri Pozza con la traduzione di Nicola Rainò.

Il romanzo ci conduce in una riflessione sul rapporto tra l’uomo, la scienza e la scomparsa delle specie;

si tratta di una storia di uomini che studiano gli animali, dapprima cercando quelli che non hanno mai visto, poi spaventandosi o indispettendosi davanti all’ipotesi che possano non esistere più e quindi rassegnandosi ad accettare non solo l’idea che le forme viventi siano tutte provvisorie, ma che della loro scomparsa sia spesso responsabile la nostra specie.

A determinare la riflessione è la ritina di Steller , una gigantesca vacca di mare estinta a pochi decenni dalla sua scoperta. Attraverso le vicende di naturalisti come Steller e Nordmann, il libro esplora l’evoluzione del pensiero scientifico, dal tempo in cui l’estinzione era un concetto alieno al riconoscimento della fragilità della vita e, soprattutto, della responsabilità umana nella sua perdita. La narrazione si snoda tra ricostruzioni scheletriche e tentativi di dare una forma visibile a creature ormai perdute, culminando nella consapevolezza che evocare il ricordo di una specie estinta, per quanto suggestivo, non potrà mai colmare il vuoto lasciato dalla sua definitiva scomparsa. Un’introduzione al tema della perdita e della nostra impronta irreversibile sul mondo naturale.

In questo articolo, da Mongabay sito di giornalismo ambientale indipendente, qualche informazione in più sulla Ritina di Steller.


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