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Appunti sul vittimismo italiano

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Su segnalazione di @palm_1975.

Un articolo di Wu Ming 1 sul “teorema del vittimismo italiano” come premessa per la costruzione di un’identità nazionale e, più in generale e al di là dei confini italici, come giustificazione per (possibili) futuri abusi. Un pezzo sulla convenienza esplicita di rimuovere tutte le premesse, tranne una.

L’Italia come nazione è pressoché interamente edificata su un immaginario vittimista, a partire dall’Inno di Mameli: «noi fummo sempre calpesti e derisi». Vittimismo chiagni e fotti: rileggiamo La grande proletaria si è mossa di Pascoli, pensiamo al mito della «vittoria mutilata» (espressione coniata da D’Annunzio)… L’Italia, che è stata molto più spesso carnefice, non sa rappresentarsi se non come vittima. Vittima di soprusi antichi e recenti. Si veda com’è raccontata la vicenda diplomatica dei due Marò, «i nostri ragazzi», l’India cattiva, gli oscuri complotti…

A monte di tutto è implicito un sopruso più grande, il sopruso. L’Italia sarebbe vittima di una caduta in disgrazia rispetto ad «antichi fasti» come quelli dell’Impero Romano, del Rinascimento o di Venezia come potenza coloniale. Una “pappa” di entità e periodi diversi che con l’Italia intesa come stato-nazione (sabaudo, fascista e poi repubblicano) non c’entrano assolutamente nulla.

Immagine da Wikipedia.


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