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Emilio Sereni e la sua “Storia del paesaggio agrario italiano”

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Prolifico scrittore, partigiano, politico e soprattutto storico dell’agricoltura, Emilio Sereni (1907-1997) ebbe una vita molto intensa che è stata narrata nel romanzo Il gioco dei regni, scritto dalla figlia Clara e pubblicato da Giunti nel 1993.

Emilio Sereni fu uno dei più autorevoli studiosi del mondo contadino e donò tutti i suoi scritti, un patrimonio librario e moltissimo materiale di studio all’Istituto “Alcide Cervi” di Gattatico (RE), di cui fu un fondatore. L’archivio Emilio Sereni è ora custodito in un fondo che comprende 22.000 volumi, 300.000 schede bibliografiche, 1.600 faldoni d’archivio, 200 riviste di storia e agricoltura, innumerevoli libri antichi.
L’Istituto Alcide Cervi pubblica sulle sue pagine le registrazioni del convegno internazionale tenutosi nel 2021 dal titolo Il paesaggio agrario italiano, Sessant’anni di mutamenti da Emilio Sereni a oggi (1961 – 2021).

Una breve biografia nell’Enciclopedia Treccani ricorda gli avvenimenti principali della vita di Emilio Sereni:

Laureatosi giovanissimo in agraria (1927), tra il 1929 e il 1930 organizzò a Napoli un gruppo clandestino antifascista e aderì al Partito comunista. Nel 1930 fu arrestato e condannato dal Tribunale speciale a 15 anni di carcere; amnistiato, emigrò in Francia ove divenne redattore capo dello Stato operaio. Arrestato nuovamente nel 1943 sulla Costa Azzurra, fu tradotto in Italia e condannato a 28 anni di reclusione. Liberato nel 1944, fu membro del Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia, poi presidente della giunta di governo della Lombardia. Deputato alla Costituente, ministro per l’Assistenza post-bellica (1946-47) e dei Lavori pubblici (1947), fu senatore (1948-63) e deputato (1963-72). Studioso di storia agraria, ha svolto fondamentali ricerche sulle campagne italiane. Tra le opere: Il capitalismo nelle campagne, 1860-1900 (1947); Comunità rurali nell’Italia antica (1955); Storia del paesaggio agrario italiano (1961); Capitalismo e mercato nazionale in Italia (1966); La questione agraria nella rinascita nazionale italiana (1975).

Emilio Sereni pubblicò nel 1961, dopo anni di studi, Storia del paesaggio agrario italiano, un testo che divenne una pietra miliare sull’argomento.

Paesaggio agrario è “… quella forma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive e agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale …”
Emilio Sereni, Storia del paesaggio agrario, 1961

Di Emilio Sereni e della sua Storia del paesaggio agrario italiano parla Emanuela Morelli in un editoriale di qualche anno fa pubblicato su Ri-Vista (Ricerche per la progettazione del paesaggio, Università di Firenze) in un numero intitolato “Paesaggio agrario: mezzo secolo di mutamenti dal ritratto di Emilio Sereni a oggi”.

Gli anni Sessanta del Novecento si presentano particolarmente interessanti per quanto riguarda la produzione di testi, sia a livello nazionale che internazionale, incentrati sullo studio del paesaggio. Si tratta di una produzione che sembra percepire l’urgenza di conoscere, rappresentare e testimoniare quegli assetti consolidati da secoli che a breve saranno investiti, grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, da trasformazioni quantomeno repentine e radicali. In Italia siamo agli inizi della crisi della mezzadria e dell’abbandono delle campagne, del grande inurbamento della popolazione a favore di un’economia non solo più incentrata sull’agricoltura e la manifattura ma anche sull’industria e sul turismo di massa che sempre più si ripercuote sulle coste italiane. Sono processi nuovi, mai visti prima, che comportano un forte sviluppo del sistema insediativo urbano nazionale con la realizzazione di più o meno grandi periferie urbane e di nuovi poli industriali, dislocati prevalentemente nelle aree di pianura, e che necessitano di una nuova rete infrastrutturale la quale ha inoltre il compito di unire i diversi territori italiani. Ma è anche il periodo in cui la politica si sposta da una scala locale/nazionale ad una gestione comunitaria europea: di particolare rilievo la PAC, che proprio nel 2013 compie i suoi primi cinquant’anni, e che almeno nei primi decenni si pone come obiettivo l’incremento della produzione agricola. In sintesi un’Italia da poco uscita dalla guerra investita dalla voglia di nuovi modi di vivere, abitare, produrre, trascorrere il tempo libero, lanciata verso un ipotetico benessere dato dalla modernità, che vede nel proprio passato un senso di arretratezza, di sofferenza e ingiustizia. Questi nuovi modi di vivere inevitabilmente si riflettono nel paesaggio, comportando la trasformazione, l’abbandono, l’alterazione, la negazione e la distruzione di quegli assetti che dall’antichità si erano sviluppati e consolidati nel corso dei secoli.

La Morelli racconta come storici, geografi, agronomi, pianificatori e urbanisti in quel periodo avviarono una serie di studi che da un lato fotografavano il mutamento e dall’altro volevano aiutare il processo di tutela della realtà rurale, dei centri minori e del loro paesaggio.

È in questo contesto che, dopo anni di studio, Emilio Sereni pubblica nel 1961 Storia del paesaggio agrario, un testo molto innovativo nel panorama italiano, che si inserisce entro il filone storiografico inaugurato negli anni Trenta da Marc Bloch in Francia. Per la prima volta, le informazioni derivanti dalla comparazione di studi e testi specifici, dalla letteratura giuridica, da analisi condotte dallo stesso autore, dalla lettura di cartografie e immagini, sono sistematizzate al fine di dare una articolazione dei diversi tipi di paesaggio agrario italiano: un momento di sintesi della storia rurale italiana necessario, citando Bloch, “foss’anche in apparenza prematura” ma urgente, grazie ad un’impostazione metodologica che per ogni cambiamento cerca di capire “le ragioni e gli agenti”. Qui ogni fonte storiografica non si limita ad essere solo “un dato o un fatto storico ma bensì un fare, e un farsi di quelle genti vive.”

 


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