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Che senso hanno i festival oggi?

Che senso hanno i festival oggi?

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

In un articolo pubblicato su Rolling Stone e realizzato in collaborazione con l’organizzazione culturale cheFare, Riccardo Ramello, riflettendo sul rapporto tra festival musicali e mercato, si interroga sul futuro della musica live.

Era il 1973 quando Sottsass scriveva Il Pianeta come Festival e l’eco dei valori controculturali e di liberazione dei primi grandi raduni musicali come Woodstock e Isle of Wight probabilmente risuonava ancora nell’immaginario comune. 50 anni più tardi, lo scenario risulta abbastanza diverso da quello immaginato dall’architetto Italiano, con dinamiche che rendono il mondo dei festival sempre più simile ad un vero e proprio super-mercato globale. Ecco qualche numero: solo negli USA ogni anno si contano circa 32 milioni di partecipanti ai festival, con alcuni mega-eventi il cui fatturato raggiunge cifre stratosferiche (il Desert Trip nel 2016 ha incassato $160,11 milioni). Se guardiamo al Regno Unito le cifre non sono meno impressionanti. Tra il 2012 – 2016 il numero di persone che va ai festival è cresciuto da 2,8 a 4 milioni, trend che si inserisce nell’andamento positivo della musica live in generale. Si tratta della tanto discussa inversione di rotta iniziata con l’espansione dell’era digitale: le persone acquistano meno musica e l’industria ha dovuto fare più affidamento su concerti e festival. E fin qui nulla di nuovo.


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