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Due biennali per l’arte africana

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Africa, la rivista del continente nero, presenta i padiglioni dedicati all’arte africana allestiti alla Biennale di Venezia 2022.

La presenza africana in Biennale è significativamente aumentata nelle ultime edizioni. Un solo padiglione nel 2007, mentre sono ben nove nell’edizione di quest’anno gli spazi dedicati agli artisti sudafricani, ghanesi, egiziani e a quelli provenienti da Namibia, Uganda, Camerun, Costa d’avorio, Zimbabwe e Kenia.

Sebbene non si sia ancora presa il palcoscenico principale, l’Africa dell’arte non può dirsi nascosta in questa edizione della Biennale. Anzi, la forza dell’esposizione internazionale è storicamente quella di portare l’arte in ogni anfratto della città lagunare e quest’anno in ogni sestiere ci si può imbattere in un diverso padiglione africano.
Per alcune nazioni è un debutto assoluto e gli artisti africani, tra impegno sociale e innovazione, portano in laguna l’anima del continente.
Forse nessuno di questi Paesi era tra i più attesi, ma tra storie personali significative, forme espressive originali e temi sociali sentiti, i nuovi artisti africani presenti a questa Biennale hanno gli ingredienti giusti per incuriosire e far riflettere su temi universali e d’attualità.

Intanto il 19 maggio 2022 ha aperto l’attesissima Biennale d’Arte a Dakar. Africa Rivista la presenta con un articolo di Valentina Giulia Milani.

Al via oggi la quattordicesima edizione della Biennale d’Arte Africana Contemporanea di Dakar, in Senegal, che vede esposte, fino al 21 giugno, le opere di 59 artisti e collettivi dopo quattro anni di sospensione a causa della pandemia da Covid-19. Un atteso ritorno che vanta una singolare novità: la manifestazione di quest’anno intende infatti abbattere i muri delle gallerie e dei musei – e non solo – affinchè l’arte sia più presente nello spazio pubblico e accolga un maggior numero di visitatori.
Ed ecco che, grazie al progetto “Doxantu”, gli atelier degli artisti diventano le strade della capitale senegalese e gli spazi espositivi le piazze e i luoghi pubblici: “in questo modo viene eliminato il gesto che richiede al cittadino di aprire una porta per accedere all’opera creativa”, spiega il direttore artistico della Biennale, El Hadji Malick Ndiaye.

Il direttore artistico della Biennale riflette anche sulla situazione generale e sui cambiamenti in corso e, riferendosi al conflitto in Ucraina, attribuisce un ruolo ancora più importante ad arte e cultura.

“Questa Biennale è simbolicamente forte perché arriva dopo la crisi di Covid-19 che ha scosso e messo alla prova i Paesi africani”, ha detto Ndiaye in un’intervista all’Afp durante la quale ha precisato che a suo avviso “l’Africa è ora teatro di diversi cambiamenti: movimenti per una nuova appropriazione del patrimonio africano, interrogativi sul franco Cfa e sull’autonomia dei suoi Paesi interessati anche da diversi tipi di disordini e crisi ma anche dall’emergere di una nuova coscienza cittadina.”
“È anche il momento in cui dall’altra parte del mondo c’è una guerra”, dice Ndiaye a proposito del conflitto in Ucraina. “Quando le armi scoppiano, dobbiamo far scoppiare la cultura e fare ancora più affidamento su di essa”, esorta.


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