Francesca Boccaletto per IlBoLive approfondisce le strategie di caccia della Sepia latimanus, una seppia tropicale, la seconda più grande al mondo, nota per la sua mimetizzazione in movimento. Studi condotti da Matteo Santon, ecologo e biologo marino, e altri ricercatori hanno analizzato quattro display principali utilizzati dalla seppia per avvicinarsi alle prede senza essere individuata: foglia (“leaf”: colorazione verdastra e movimenti simili a una foglia trasportata dalla corrente), striscia di passaggio (“passing-stripe”: colorazione grigia con strisce nere dinamiche che si muovono verso il basso), corallo ramificato (“branching coral”: braccia centrali sollevate e altre posture che ricordano un corallo), pulsazione (“pulse”: cambiamenti di colore meno evidenti rispetto agli altri).
In tutte le sequenze filmate in natura, di fronte ad alcune prede vive, le seppie (98 individui, 40 maschi e 58 femmine) si sono dapprima avvicinate, mantenendosi a una giusta distanza, poi, giunte a circa uno o due metri dal bersaglio, hanno anticipato l’attacco presentando una serie di sorprendenti esibizioni di caccia.
Le seppie mostrano anche esibizioni miste, dimostrando un alto grado di flessibilità adattiva.
Le esibizioni composte da elementi parziali di due diversi tipi di display “suggeriscono un livello impressionante di flessibilità. Ciò può essere legato a una questione adattiva, con vantaggi parziali tratti da ogni display, o potrebbe semplicemente rappresentare l’indecisione da parte della seppia cacciatrice”, si legge nello studio Multiple hunting displays in wild broadclub cuttlefish. “Nel complesso, le seppie hanno eseguito il branching coral, passando più frequentemente per la striscia e la foglia, con una probabilità di occorrenza tra il 22% e il 29%. Le esibizioni a impulsi e miste si sono verificate meno frequentemente, con un’incidenza tra l’11% e il 13%. Maschi e femmine hanno mostrato una probabilità simile di utilizzare le diverse esibizioni di caccia, a eccezione della foglia (leaf), che si è verificata il 13% più frequentemente nelle femmine”.
Santon ha utilizzato riprese subacquee in Indonesia per studiare queste strategie, ricostruendo le scene in 3D per analizzare le variabili coinvolte. Le scoperte aprono la strada a ulteriori ricerche sulla mimetizzazione nei predatori e sugli adattamenti visivi delle prede.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.