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Fanghi contaminati: la ricostruzione del caso Wte, dall’inizio

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Su Il Giornale di Brescia e sull’edizione locale de Il Corriere della Sera si ripercorre la vicenda delle 150.000 tonnellate di fanghi contaminati sparsi su 3.000 ettari di terreni agricoli lombardi dalla Wte Srl.

La Provincia negli anni le ha più volte contestato l’irregolarità delle lavorazioni, imponendo migliorie agli impianti e Arpa ha dimostrato il carico inquinante di quei fanghi, con il superamento dei limiti soglia per zinco, stagno, idrocarburi, toluene, fenolo, cianuri, cloruri, nichel-rame, solfati, arsenico, selenio. Ma è solo con l’inchiesta scattata a gennaio 2018, condotta dal pm Mauro Tenaglia (trasferito a Verona) e passata al collega Teodoro Catananti, che i Carabinieri Forestali dimostrano le condotte illecite e spregiudicate del «re» bresciano dei fanghi, dei suoi collaboratori e dei contoterzisti pagati (fino a 100 mila euro al mese) per spargerli sui terreni agricoli. Fanghi che stando all’accusa non venivano lavorati a norma di legge, risparmiando così una montagna di soldi, tanto che Giustacchini poteva recuperare la materia prima da società pubbliche e private ad un prezzo imbattibile. Dalle analisi prodotte con le autocertificazioni tutto però era regolare.

Immagine da Wikimedia Commons


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