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Fiori di fuoco

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Public Domain Review questa volta ci porta a scoprire, grazie a un articolo di Hunter Duckes, gli affascinanti cataloghi illustrati giapponesi risalenti al XIX secolo, che raccontano la storia e l’arte dei fuochi d’artificio. 
I fuochi d’artificio hanno origini cinesi risalenti al II secolo a.C.: si sono evoluti da semplici stelle filanti di bambù ai moderni spettacoli pirotecnici.

Mentre le storie dei fuochi d’artificio cinesi ed europei sono ampiamente documentate, le tradizioni del Giappone rimangono moderatamente più oscure.

Introdotti in Giappone intorno al 1600, sono conosciuti come hanabi (fuoco e fiore). Il XIX secolo ha visto una competizione tra artigiani di Edo che ha spinto l’eccellenza nella pirotecnica.

I fuochi d’artificio apparvero in Giappone intorno al 1600 e furono chiamati hanabi, una combinazione dei kanji “fuoco” e “fiore”. Le innovazioni giapponesi sono state responsabili di un paio di forme popolari di fuochi d’artificio: peonie e crisantemi, due sottocategorie della più ampia classe di disegni warimono. L’eccellenza nell’artigianato è nata dalla competizione nell’Edo del XIX secolo tra gli hanabishi (artigiani dei fuochi d’artificio) su entrambi i lati del ponte Ryōgoku.

I cataloghi dei fuochi d’artificio giapponesi sono illustrati con figure complesse spesso impossibili da realizzare, presentando persino “fuochi d’artificio diurni” sotto forma di palloni a foggia di animali o figure umane, creati per stupire durante il giorno. Tra le innovazioni, i fuochi d’artificio notturni giapponesi hanno introdotto colori vibranti e disegni capaci di creare lettere o figure stilizzate.

Il contenuto dell’articolo è arricchito da testi e immagini storiche provenienti dai cataloghi della Yokohama City Library e da pubblicazioni come quella di Alan St. Hill Brock sulla pirotecnica.

Le illustrazioni seguenti provengono dai cataloghi digitalizzati dalla Yokohama City Library, che contengono pubblicità in lingua inglese per Hirayama Fireworks e Yokoi Fireworks, pubblicati da C. T. Brock and Company, il più antico produttore di fuochi d’artificio nel Regno Unito.

Questa combinazione di arte e tradizione offre uno spaccato unico della cultura giapponese e del suo impatto sui fuochi d’artificio a livello mondiale.

Tra le molte immagini intriganti di questi cataloghi sono alcune figure complesse, che sembrano pirotecnicamente impossibili, che più affascinano l’occhio contemporaneo. Per comprendere queste forme scintillanti e sconosciute (bombe diurne, palle luminose con paracadute), è utile tornare agli annali di una dinastia britannica di fuochi d’artificio. Pyrotechnics: The History and Art of Firework Making (1922)  scritto da un uomo definito “l’ottava generazione di una famiglia di pirotecnici”: Alan St. Hill Brock, discendente di John Brock, che fondò nel 1698 la Brock’s Fireworks Ltd, editore dei cataloghi in questione e ancora oggi esistente. Secondo l’autore Brock, i fuochi d’artificio diurni hanno avuto origine in Giappone e non erano realmente “fuochi d’artificio” come li abbiamo conosciuti. Invece di effetti pirotecnici, il proiettile diurno conteneva “un pallone grottesco a forma di animale, figura umana o altra forma, che, essendo aperto e appesantito all’estremità inferiore, si gonfiava quando cadeva e rimaneva in aria per un periodo considerevole”. Nelle immagini del catalogo qui raccolte, si possono vedere palloni a forma di rana, fantini a cavallo e un pescatore a cavallo di tartarughe (probabilmente il protagonista delle fiabe Urashima Tarō, in viaggio verso il sottomarino Palazzo del Drago).

Anche la pagina VadoinGiappone ci racconta qualcosa dei fuochi d’artificio giapponesi e dei vecchi cataloghi.

All’inizio del periodo Edo i fuochi d’artificio in Giappone avevano tutti un colore arancio tenue; fu solo a partire dal XIX secolo, durante il periodo Meiji, che i colori aumentarono notevolmente grazie all’importazione del clorato di potassio, l’alluminio, il magnesio, il nitrato di bario e altri. Le tecniche moderne permettono anche di avere hanabi che cambiano colore durante l’esplosione. Con l’avvento di nuove possibili colorazioni iniziarono a cambiare anche le forme delle esplosioni, per questo i fuochi d’artificio realizzati con queste nuove tecniche sono chiamati “fuochi occidentali” (洋火) mentre quelli realizzati con le tecniche classiche sono chiamati “fuochi giapponesi” (和火).


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