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Il fragile equilibrio dell’Okavango

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A cura di @conchita.

Il fiume Okavango nasce ai confini meridionali dell’Angola, dall’unione di altri due fiumi angolani: il Cuito e il Cubango. Dopo aver attraversato una sottile striscia di  territorio namibiano arriva in Botswana dove forma uno degli ecosistemi più incredibili e spettacolari del pianeta: il famoso delta dell’Okavango, un delta fluviale interno che non sfocia in mare ma muore nelle sabbie del Kalahari dopo aver dato vita ad un sistema di lagune che ospita una ricchissima varietà di flora e fauna.

In media nel paese affluiscono ogni anno 9.400 miliardi di litri d’acqua, un dono  liquido portato dall’Angola al Botswana senza il quale il Delta dell’Okavango cesserebbe di esistere. Diventerebbe un’altra cosa che non ospiterebbe né ippopotami, né antilopi, né aquile.
Una possibilità allarmante, che potrebbe diventare concreta alla luce dei cambiamenti in atto, o quantomeno prevedibili, nell’Angola sudorientale. È per questo che i fiumi Cuito e Cubango attirano sempre più interesse. Ed è per questo che un gruppo internazionale di ricercatori, funzionari governativi, esperti nell’uso di risorse e giovani esploratori intrepidi, radunati da uno zelante ambientalista sudafricano di nome Steve Boyes con il sostegno della National Geographic Society, ha avviato un progetto imponente di esplorazione, raccolta dati e conservazione chiamato Okavango Wilderness Project.

Un accurato articolo su National Geographic racconta l’incredibile lavoro di questo gruppo e i suoi obiettivi.

 

Immagine da Wikimedia Commons.


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