Coronavirus, aumentano i contagi in Svezia. Il mea culpa del premier: “Non abbiamo fatto abbastanza”
di Temp
Andrea Tarquini su Repubblica descrive con toni molto critici la gestione dell’emergenza in Svezia, dove la risposta sanitaria avrebbe accusato i ritardi della classe politica e gli effetti delle privatizzazioni degli ultimi anni.
Coronavirus, la strage silenziosa nelle residenze per pazienti psichici e psichiatrici
di cocomeraio
Su lavialibera Rosita Rijtano scrive che anche le 646 residenze specializzate nella cura dei disabili psichici e le comunità per pazienti psichiatrici rischiano di essere abbandonate al loro destino nell’emergenza coronavirus come dimostra il caso della morte di 22 donne ospiti in una casa per disabili psichici a Pontevico.
“Mancano i dispositivi di protezione personale, non sempre ci sono gli spazi per la quarantena precauzionale o per mettere in isolamento chi presenta sintomi sospetti Covid-19, e non vengono fatti i tamponi“, riassume Sara Cassin, presidente di Fenascop, la federazione nazionale delle strutture comunitarie psicoterapeutiche e teme che “i pazienti con disabilità psichica o patologia psichiatrica vengano discriminati e non siano presi in carico dagli ospedali, già oberati, poiché sono persone che hanno bisogno di un supporto, o comunque di un’accortezza, ulteriore rispetto agli altri malati“.
L’importante è che le strutture non siano lasciate sole a fronteggiare l’emergenza, ma è necessario un coordinamento con la protezione civile, il servizio di protezione e prevenzione, le aziende sanitarie locali e i medici di base per predisporre dei percorsi ad hoc per questi pazienti. Nei giorni scorsi la Società italiana di psichiatria ha lanciato un appello alle Regioni “per approvare con urgenza direttive per i servizi di salute mentale e garantire equità di accesso alle cure ai pazienti psichiatrici Covid positivi, sicurezza degli operatori e continuità assistenziale durante l’emergenza sanitaria“.
I dati ufficiali non avevano senso prima e non hanno senso adesso
di Francis, in DEFCON 1
Francesco Costa lamenta la confusione dei dati diffusi quotidianamente dalla protezione civile italiana.
Visto che la raccolta e la presentazione dei dati ufficiali non sono cambiate nemmeno una volta superate le prime frenetiche settimane, restando sgangherate e inaffidabili come il primo giorno, è legittimo chiedersi se questi dati non abbiano senso deliberatamente. Se si volesse evitare di dire al mondo che l’Italia ha cinque milioni di contagiati, supponiamo, oggi che il paese con più contagi registrati al mondo ne ha circa 500.000 su 320 milioni di abitanti. Il tutto sulla base della convinzione che – dati o non dati – per salvare il maggior numero possibile di persone sarebbe bastato rafforzare gli ospedali, che è l’unica vera grande cosa che abbiamo fatto e che stiamo facendo. Capisco eventualmente le buone intenzioni. Il risultato però è che ora dobbiamo decidere dove e come riaprire senza sapere quanti sono e dove sono i contagiati. Siamo ciechi. E sono passati quaranta giorni.
Vincitori e sconfitti del nuovo ordine mondiale dopo la pandemia
Patrick Wintour propone sul Guardian una carrellata delle diverse opinione formulate in questi giorni sul futuro dei rapporti interazionali.
Andrà tutto bene, the Italians have taught us to think, but in truth, will everything be better the day after? It may seem premature, in the midst of what Emmanuel Macron has described as “a war against an invisible enemy”, to consider the political and economic consequences of a distant peace. Few attempt a definitive review of a play after the first three scenes.
Yet world leaders, diplomats and geopolitical analysts know they are living through epoch-making times and have one eye on the daily combat, the other on what this crisis will bequeath the world. Competing ideologies, power blocs, leaders and systems of social cohesion are being stress-tested in the court of world opinion.
Il sogno dell’immunità
Matteo Villa ragiona sul sito dell’Ispi a proposito della diffusione reale dell’epidemia e su come gestire l’uscita dalle misure emergenziali.
In Italia e nel mondo il dibattito è già iniziato: cosa fare nella “fase due” dell’emergenza coronavirus? Dopo aver appiattito la curva epidemica ed evitato il peggio, si tratterà tra poche settimane di trovare un inedito equilibrio tra la ripresa delle attività, necessaria per uscire da quella che minaccia di essere la più profonda crisi economica dal secondo dopoguerra, e le nuove necessità di distanziamento sociale, igiene e sicurezza.
Non sono in pochi in questi giorni ad aver riflettuto sul ruolo che potrebbe giocare quel piccolo esercito di persone contagiate, poi guarite, “negativizzate” (dunque sperabilmente non più contagiose) e che almeno temporaneamente dovrebbero essere immuni da possibili reinfezioni. Italia, Germania e Regno Unito discutono già di certificati, patenti o passaporti di immunità.
Dal Post
Immagine da Wikimedia.
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