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L’inutile contributo di 10 anni di Silicon Valley all’ecosistema dell’auto e dei trasporti

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In una lunghissima intervista su Gizmodo, Paris Marx, già autore del podcast Tech Won’t Save Us, in cui analizza e critica la narrativa intorno al fenomeno della Silicon Valley, discute le tante promesse non mantenute che le aziende californiane – grandi e piccole – ci hanno fatto negli ultimi 10 anni in ambito di industria dei trasporti.

L’intervista prende spunto dalla pubblicazione del suo libro Road to Nowhere: What Silicon Valley Gets Wrong about the Future of Transportation, nel quale si analizza l’approccio “salvifico” e per certi versi neo-positivista delle aziende californiane all’automobile e, più in generale, al trasporto pubblico.

L’argomento è particolarmente sfaccettato: non solo nei primi anni dello scorso decennio c’era nell’ambiente la sincera convinzione che ogni problema che si fosse incontrato sarebbe stato risolto grazie a machine learning e investimenti miliardari, ma a ciò si aggiunse un pernicioso tentativo di minare i concreti progressi che si stavano profilando all’orizzonte in termini di trasporto pubblico californiano.

In poche parole: negli USA l’automobile regna sovrana, e quindi la “rivoluzione del trasporto”, sia pubblico che privato, doveva passare dall’automobile. Questo sia per una precisa forma mentis che per preciso calcolo politico ed economico.

Ciò si è tradotto prevalentemente nella spinta verso l’auto elettrica e la guida autonoma. Se i veicoli elettrici sono riusciti a entrare nelle vite di molte persone, pur con moltissimi limiti e contraddizioni dal punto di vista ambientale, il sogno della guida autonoma è andato molto velocemente a schiantarsi – a volte letteralmente – contro la realtà, con scarsi risultati di tutti i giocatori in campo, ancora fermi al al livello di dieci anni fa.

Ce n’è per tutti, dalla disastrosa collezione di fallimenti e investimenti bruciati di Uber, all’approccio naive delle “big tech” al problema, fino ai veri e propri tentativi di sabotare mediaticamente e politicamente i progetti infrastrutturali californiani da parte di Elon Musk, attraverso le bislacche sortite di Hyperloop e The Boring Company, atti a mantenere centrale il concetto di automobile.

Infine c’è un bilancio piuttosto ingeneroso anche sulla pletora di startup di monopattini elettrici nate in questi anni, che in un’epoca di tassi di interesse elevati e fondi a perdere prosciugati stanno fallendo una dopo l’altra, mentre si alza il velo su un modello di business, ma anche su un modello di città, probabilmente non sostenibile.

Le conclusioni sono quelle note e scontate, come tutte le soluzioni efficaci: meno auto, più trasporto pubblico, investimenti sulle infrastrutture. Proprio ciò che la Silicon Valley ha rifuggito per 10 anni, cercando di reinventare i trasporti di massa con nuove auto, nuove tecnologie sulle auto, sempre più auto. Fallendo.


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