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MES o non MES, questo è il problema

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L’Europa è un po’ come la Chiesa Cattolica. Il suo messaggio è così universale e sfaccettato che ognuno ci trova quello che preferisce. Come alla Chiesa si affezionano pensatori raffinatissimi e anziani coi santini nel portafoglio, così l’Europa viene apprezzata da qualcuno per gli scambi Erasmus e l’apertura verso gli altri, e da altri per via dei sussidi che tengono in piedi l’ultimo dei contadini e la libera circolazione delle merci. Di solito le diverse sensibilità trovano il modo di convivere, ma tempi come questi mettono a dura prova anche le più collaudate convivenze.

Lo avevamo accennato nello scorso numero: la pandemia da coronavirus ha fatto emergere visioni di Europa molto, molto diverse. Negli ultimi giorni siamo andati ancora oltre, e le discussioni sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), detto anche Fondo salva-Stati, e i cosiddetti eurobond hanno dimostrato quanto siano profonde e complesse le divisioni, e quanto sarà difficile ricomporle durante il prossimo Consiglio Europeo, la riunione dei capi di stato e di governo, previsto per giovedì 23 aprile.

Di cosa parliamo
L’argomento principale di discussione sarà il compromesso trovato giovedì scorso dall’Eurogruppo, il nome con cui è chiamato il Consiglio dell’UE che riunisce i ministri dell’Economia dell’eurozona, che aveva ricevuto il compito di trovare soluzioni europee al coronavirus proprio dal Consiglio Europeo.

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