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Musk, Mudge e l’odissea di Twitter

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Se credete di aver passato una brutta estate, potete sempre consolarvi pensando che quella di Twitter è stata probabilmente peggiore. Ma c’è un motivo in più per essere interessati a quanto successo. Le ultime vicissitudini di questo social media sono infatti un concentrato di alcune delle questioni più urgenti e attuali del mondo tech: il ruolo delle piattaforme nella creazione di un dibattito pubblico e la loro capacità di influenzarlo o meno; il peso di imprenditori tech con ambizioni che vanno ben al di là del “business”; la funzione dei whistleblower; l’eterno elefante nell’armadio (e pure nella cristalleria) della cybersicurezza (quanto conta nelle imprese, specie in aziende tech e social)? E poi i rischi per la privacy e la sicurezza degli utenti di piattaforme che monetizzano i dati personali, e che si espandono a livello globale, diventando pure un appetibile target per l’intelligence. E se ne potrebbero aggiungere molto altre.

Iniziamo dunque dallo scorso aprile. È allora che Elon Musk, cofondatore di Tesla Motors e fondatore di SpaceX, nonché l’uomo più ricco del mondo secondo Forbes (avrebbe scalzato da poco Jeff Bezos), eccentrico e controverso twittatore, “assolutista della libertà di espressione”, contrario al ban imposto dalla piattaforma contro Trump (con cui Musk nel tempo ha instaurato una complessa e altalenante relazione), firma un accordo per l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari. È la notizia del mese. Per giorni i media si chiedono come cambierà il social nelle mani del magnate. Ma non passa molto tempo che il miliardario inizia a fare marcia indietro. Prima si parla di una sospensione dell’accordo a maggio, per arrivare poi all’annuncio di luglio, in cui Musk dice di voler cancellare tutto.

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