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Perché in Umbria gli ospedali sono in difficoltà

Perché in Umbria gli ospedali sono in difficoltà

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In un reportage pubblicato su Internazionale, Valentina Pigmei prova a spiegare le ragioni alla base delle difficoltà della sanità umbra nella lotta alla pandemia da Covid-19.

Per capire davvero l’Umbria bisogna partire dalla geografia. Costituita per il 70 per cento da colline e per il 30 per cento da rilievi montuosi, la regione non ha un solo angolo di pianura e conta solo due capoluoghi (Perugia e Terni), nessuna autostrada, una rete ferroviaria minimale, un aeroporto con tre destinazioni, poche industrie. Non c’è nemmeno l’Ikea. È un pezzo d’Italia di cui mai nessuno si ricorda, di cui raramente si sente parlare a un tg nazionale. Tanto che alle ultime elezioni amministrative i leghisti si sono confusi e hanno riempito le strade di Urbino, nelle Marche, con manifesti elettorali per l’Umbria.

Della regione si è ricordata però la massa di turisti arrivati la scorsa estate. “Si è favoleggiato che sia stata risparmiata durante la prima ondata di contagi grazie al suo discreto sistema sanitario, insieme alla bassa densità di abitanti. Non è vero. L’Umbria è stata risparmiata solo perché c’è stato il lockdown nazionale, per una conformazione che la rende più isolata, per la sua ridotta viabilità. In questa seconda ondata non è andata allo stesso modo. Stavolta il sistema sanitario non ha retto”, dice Fabrizio Stracci, epidemiologo, docente di sanità pubblica all’università di Perugia. “Fino a 15 anni fa eravamo al passo con l’Emilia-Romagna e la Toscana, regioni con le quali dialogavamo, adesso a causa dei tagli alla sanità pubblica, alle scarse assunzioni e alla cattiva organizzazione si è inceppato qualcosa, e il sistema è in grave difficoltà”.


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