Nell’articolo pubblicato da Doppiozero e intitolato Philip K. Dick: un Meridiano per la fantascienza, Nicoletta Vallorani riflette sull’importanza dell’inserimento di Dick nella prestigiosa collana dei Meridiani Mondadori, definendolo un segnale di cambiamento.
L’uscita del Meridiano dedicato a P.K. Dick ha sollecitato un mio ritorno di fiamma sulla questione dello status editoriale e letterario del genere
Per troppo tempo, infatti, la fantascienza è stata considerata un genere “minore”, inadatto alla letteratura “alta”.
Vallorani sottolinea però come Dick sia stato sempre autore “di confine”, capace di usare la fantascienza per interrogare la realtà, l’identità e il potere.
«Il punto è che, in quasi tutto il suo lavoro, di fantascienza si tratta», ma di una fantascienza che mette in crisi ogni certezza e si nutre di paranoia, visioni frammentate, universi distorti.
La legittimazione culturale della fantascienza, tuttavia, rischia di diventare una forma di svuotamento, se non accompagnata da una reale comprensione del suo valore. Come osserva Vallorani: «Immagino la faccia di Le Guin ogni volta che, parlando di un suo romanzo, si dichiara: ‘Alla fine, è solo fantascienza’». Un atteggiamento che riduce e banalizza l’identità di un’intera tradizione narrativa nata ai margini.
In definitiva, la fantascienza non è solo intrattenimento, ma un “luogo di creatività e potere” capace di immaginare mondi alternativi, dare voce a soggettività marginali e offrire strumenti per pensare il futuro. «A questo servono le storie», conclude Vallorani: a costruire speranza, resistenza e possibilità.
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