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Trump ed i trattati di libero scambio

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A cura di @Festina Lente (e una bonus track).

Secondo il Guardian e la CNN, che riporta il discorso programmatico di Trump per i suoi primi cento giorni, la prima mossa del nuovo nazionalismo isolazionista di Trump sarà di annunciare la morte del TPP (Trans-Pacific Partnership, grosso modo l’equivalente per le Americhe e l’Asia del TTIP). In campagna elettorale Trump ha anche proposto la fine del NAFTA (North American Free Trade Agreement, l’accordo di libero scambio fra Stati Uniti, Canada e Messico), definito, durante un dibattito televisivo con la Clinton, “il peggior accordo mai siglato dagli Stati Uniti”.

Il Presidente nipponico Abe, fra i principali sostenitori del TPP ritiene che ora il Giappone deve concentrare i sui sforzi sull’RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership, il progetto per un’area di libero scambio che includa le principali economie del Sud Est Asiatico, fra cui Cina, Vietnam, ed Australia). Il progetto dell’RCEP è meno ambizioso per quanto riguarda le regole di libero scambio (cf. ad esempio questo articolo sul South China Morning Post), ma sta guadagnando rapidamente consenso e potrebbe essere esteso anche al di fuori del Sud Est Asiatico. La Cina sta altresì cercando di coinvolgere altri membri dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation, il forum di cooperazione che include quasi tutti i Paesi che si affacciano sul Pacifico, inclusi gli Stati Uniti e la Federazione Russa), soprattutto sudamericani, nell’ottica della costruzione di nuovi progetti di libero scambio (cf. questo articolo del Global Times, questo dello Shanghai Daily e questo della Reuters).

Secondo Forbes e la CNBC la Cina avrà alcuni certi vantaggi dalla fine del TPP, ma questi vantaggi potrebbero non compensare i danni all’economia regionale e mondiale causati dal collasso del progetto, danni che si ripercuoterebbero anche sulla Cina. Inoltre, al momento gli scopi dell’RCEP sono troppo limitati per poter assicurare un vantaggio sostanziale ai contraenti. In mancanza di cambiamenti, la Cina non sarebbe quindi il vincitore, ma solo il minor perdente in una situazione in cui tutti, a cominciare dagli Stati Uniti, perderebbero.

Secondo Bloomberg le tensioni fra Cina e Stati Uniti potrebbero portare ad una guerra commerciale ed a maggiori tensioni anche sul piano militare. Queste tensioni potrebbero anche essere alimentate dalla difficoltà di Trump di realizzare la sua politica economica interna e, dopo un impatto negativo iniziale sulla Cina, potrebbero portare ad un suo rafforzamento portandola all’egemonia economica regionale, soprattutto se gli Stati Uniti con la loro politica di disimpegno. Inoltre, eventuali azioni contro la Cina avrebbero una risposta estremamente aggressiva.

 

Bonus track (da una segnalazione anonima): gli europei hanno perso il treno della storia, scrive Pierre Haski su Internazionale. Che ci piaccia o meno, sono tre gli uomini che faranno il mondo nel quale vivremo nei prossimi anni: Trump, Putin e Xi Jinping.


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