A cura di @werner58 e @carlj2000.
Si è da poco chiuso il diciannovesimo congresso del Partito Comunista Cinese, un’organizzazione spesso giudicata secondo categorie machiavelliche – specie dagli osservatori angloamericani. Gregory Kulacki, in un articolo per il think tank “Union of Concerned Scientists” (fondato nel 1969 al MIT), si domanda se non dovremmo piuttosto prendere sul serio le affermazioni della leadership cinese, che sembra esprimere le proprie reali intenzioni con meno infingimenti di quanto spesso affermato.
Queste le sue conclusioni:
For Americans, the contest between the United States and China is perceived as an historic struggle between rising and falling national powers rather than competing ideologies […] But what if the Chinese dream articulated in Xi’s report to the 19th Party Congress is a fair representation of the CCP’s ambitions? Should the United States be alarmed? The answer is not obvious and the question seems to deserve greater consideration.
Dal 19° congresso del partito è emersa anche l’intenzione di adottare i Big Data, oltre come mezzo di controllo, anche come strumento surrogato del valore segnaletico dei prezzi di mercato. Ne parlano il Financial Reveiw e il Wall Street Journal (con paywall).
E’ ritornata, infatti, l’idea del Pianificatore centrale, che nella precedente era comunista sia di Mao e sia in Russia non era stato in grado di prevedere la domanda di mercato e finiva invariabilmente a produrre dei danni e a far collassare il sistema.
L’idea di Xi Jinping dell’utilizzo dell’informatica però non è nuova ma è la stessa idea che Chruščëv immaginava per il suo paese. I vari dirigenti di partito e l’intelligencija avevano definito come prioritario:
«lo sviluppo di metodologie e l’applicazione di strumenti in grado di controllare l’intera economia nazionale, i processi della tecnologia individuale e varie forme di attività economica, al fine di garantire un sistema di governo ottimale»
Immagine da Wikipedia.
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