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Il CNR verso il commissariamento?

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Su Left, Rino Falcone parla della situazione (bizzarra e preoccupante) del Consiglio nazionale delle ricerche.

Nel panorama della complessa e per alcuni versi preoccupante situazione nazionale, c’è un caso di clamorosa scomparsa e omissione. Non si tratta delle vicende, attuali o riproposte da nuovi elementi, relative alla cronaca nera. In tal caso saremmo sopraffatti (su Tv, giornali, social) da dibattiti e approfondimenti di variegati livelli e approcci, dal peggior voyeurismo alle più composte analisi socio-culturali.

La clamorosa vicenda a cui ci riferiamo non determina alcuna curiosità popolare e tanto meno alcun reale dibattito nel Paese: né culturale, né politico e neppure di bassa cronaca di approfondimento (né tantomeno un’immeritata morbosità). La scomparsa, duplice oltretutto, è quella del CdA e del presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, il più importante e grande Ente di ricerca del Paese, che di conseguenza dallo scorso 27 maggio non ha più il proprio rappresentante legale (funzione assegnata al presidente dalla Legge ed essenziale per lo svolgimento delle più rilevanti attività del Cnr).

Falcone paventa un gioco sporco, visto che la situazione è nota da tempo e il ministro sembra non curarsene. Che il governo stia lasciando che la situazione si incancrenisca, per poi avere una giustificazione per cambiare i vertici e le regole dell’ente?

La cosa che ormai appare certa è comunque la volontà di cambiare governance al sistema Cnr e di ridurne l’autonomia restringendo i già esigui margini di autodeterminazione degli Organi di questa comunità scientifica. Stravolgendo così i principi costituzionali di garanzia all’autonomia della scienza.

Si tratta però di comprendere come possa tutto questo passare sotto la più assoluta indifferenza. Come se le sorti della ricerca pubblica nazionale riguardassero solo i ricercatori e i lavoratori del Cnr.


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