Nel 2019, l’Islanda ha fatto notizia diventando uno dei primi paesi al mondo ad adottare la settimana lavorativa di quattro giorni, non attraverso una legge generale, ma attraverso accordi che consentono ai lavoratori di negoziare settimane più corte o orari ridotti. Cinque anni dopo, ecco i risultati.
Il 90% degli Islandesi segue ora una settimana lavorativa di 36 ore (invece che di 40, come succedeva prima della riforma): ci sono vari modi di organizzarla, ma nel 28% dei casi si è deciso di ridurre le ore di uno dei giorni lavorativi. Oggi quasi quattro islandesi su cinque dichiarano di essere soddisfatti o molto soddisfatti dei propri orari. Questo minor carico di lavoro non ha portato a danni economici, e a parte la parentesi del Covid-19, il paese in questi anni è sempre cresciuto. I dati mostrano che la produttività è rimasta stabile e, in alcuni settori, è persino aumentata.
Uno dei motivi principali di questo successo è il miglioramento della salute mentale dei lavoratori, un tema caro soprattutto alla Generazione Z: meno stress e un equilibrio migliore tra vita privata e lavoro hanno contribuito in modo decisivo al benessere delle persone. Un altro risultato interessante riguarda la parità di genere. Riducendo l’orario lavorativo, anche gli uomini hanno avuto più tempo per occuparsi della casa e dei figli, favorendo così una divisione più equa delle responsabilità familiari.
A differenza di alcuni paesi, come il Belgio, dove la settimana di quattro giorni prevede che le ore non lavorate siano compensate da giornate lavorative più lunghe, l’Islanda mantiene invariati stipendi e condizioni di lavoro nonostante la riduzione dell’orario di lavoro. Questo approccio è stato reso possibile in parte da una politica proattiva di digitalizzazione delle imprese e dei servizi pubblici.
Il governo islandese ha investito molto nelle infrastrutture digitali, offrendo alcune delle migliori connessioni internet al mondo, anche nelle aree rurali. Questa solida infrastruttura ha permesso di supportare il telelavoro e di mantenere la produttività nonostante la riduzione degli orari d’ufficio.
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