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“La sola invenzione gioiosa del ventesimo secolo”

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Su suggerimento di @HugoFiala.

 

Federico Battistutta scrive un lungo articolo pubblicato originariamente su “Trasgressioni”. Un articolo in cui il denominatore comune è l’LSD, protagonista del sodalizio tra Albert Hofmann e Ernst Jünger. Non è però solo di questo che si parla: le connessioni si ampliano con la storia di Timothy Leary – dagli studi accademici al sodalizio con la Beat generation – ed il rapporto con Aldous Huxley. Un articolo che rende note le commistioni filosofiche e scientifiche intorno alla sostanza psicotropa, utilizzate per andare oltre il semplice racconto, per raggiungere un metodo di analisi più vicino a quelle esperienze così da avere «una più generale riflessione sullo statuto del soggetto e a quella domanda di senso radicale (inscritta nelle radici della realtà) che lavora e modifica il soggetto stesso».

La riflessione jüngeriana sulle sostanze inebrianti rinvia anche ad altri motivi, comunque tra loro intimamente connessi. Già si è detto del ruolo della soggettività: la vediamo a un tempo affermata come luogo della decisione sovrana di fronte alle forme di colonizzazione mentale da parte dello Stato (il “drago dalle mille squame”) che penetra in ogni settore e in ogni interstizio, non ultimo l’ambito pedagogico, vale a dire il nucleo centrale della formazione della persona […] Resta forse da menzionare un altro tema molto caro allo scrittore tedesco: il tempo […] A questo proposito Heidegger espresse un giudizio estremamente lusinghiero su Jünger (considerato troppo generoso dall’interessato), affermando che le variazioni jüngeriane sul tempo costituiscono l’unico tentativo riuscito di avanzare oltre la formulazione dell’eterno ritorno dell’uguale operata da Nietzsche […] Esemplare è la seguente citazione: «Nell’ebbrezza, tanto nel suo effetto narcotizzante, quanto nel suo effetto eccitante, porzioni di tempo vengono anticipate, amministrate in modo diverso, prese in prestito; e questo prestito va restituito»

 

Immagine CC BY-SA 3.0 da Wikimedia Commons


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