Sulla rivista de il Mulino Alfio Mastropaolo e Rocco Sciarrone riflettono su vizi e virtù antiche e recenti delle università italiane, soffermandosi in particolare sul divario nord-sud, la competizione tra atenei e le insidie della didattica a distanza.
Tra i mille problemi esasperati dall’emergenza spicca la condizione dell’università, su cui gravano da tempo due scelte fondamentali compiute da chi ha governato il Paese in questi anni. La prima, e la più nota, è stata quella di sottofinanziarla. I dati sono risaputi: mettendo a confronto già solo i Paesi dell’Unione europea, l’Italia sta in coda. È tra i paesi in cui l’università, e dunque la ricerca, sono state più maltrattate. Per fortuna esistono le inerzie e nel confronto delle performances l’una e l’altra faticosamente, ma dignitosamente, resistono.
(…) La seconda grande scelta che ha messo in gravissima difficoltà l’università italiana consiste nell’avere cessato di pensarsi e di funzionare come un sistema universitario nazionale e nell’avere introdotto uno spietato regime competitivo tra atenei. È successo, come sappiamo, anche al sistema sanitario, con pesanti conseguenze sul piano delle prestazioni e del benessere collettivo. Non si parte più dal presupposto che tutti i cittadini italiani abbiano diritto a fruire del medesimo servizio, ovunque gli capiti di vivere. Per quanto possibile, le università dovrebbero in tal caso erogare tutte prestazioni di elevata qualità, ferma restando la possibilità per gli studenti, alla luce di valutazioni personali, di studiare da qualche altra parte, magari senza sostenere costi eccessivi per una simile preferenza. Se non che, da alcuni anni le università sono in accanita competizione tra loro. Si disputano gli studenti, si disputano le risorse destinate alla ricerca, si disputano il personale docente e i ricercatori.
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