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Scuola, abbandoni e disuguaglianze

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In un articolo pubblicato su Doppiozero, Girolamo De Michele, commentando i dati sugli abbandoni scolastici emersi in seguito a una recente inchiesta di Repubblica, traccia un quadro preoccupante della scuola e delle disuguaglianze che questa anziché ostacolare contribuirebbe a sancire – anche a causa, sostiene l’autore, di quel perverso intreccio tra gli effetti sociali della pandemia e la pressione esercitata dal mondo delle imprese.

La rappresentazione della scuola come un corpo distinto dal “mondo reale”, come una sorta di nido pascoliano 2.0, ha a che fare con una rappresentazione della scuola finalizzata a produrre effetti, cioè a contribuire a perpetrare quei rapporti di forza e di classe che costituiscono il presente, piuttosto che a sottoporlo a critica e a sovvertirne, se non l’intera morfologia, quantomeno le ingiustizie più evidenti. Si pensi al reiterato mantra che recita: “la scuola non prepara all’impatto con il mondo”, cui seguono proclami, o manifestazioni di intenti, sulla scuola che dovrebbe indirizzare verso il mondo del lavoro attraverso la triade miracolosa STEM – ITS – Soft Skills. Davanti a chi si presenta parlando del “mondo vero” che è “là fuori” non si sa mai qual è l’atteggiamento migliore: se rispondere, alla maniera di Massimo Troisi in Non ci resta che piangere, “Mo’ me lo segno, proprio”; oppure, seguendo la lezione di Adone Brandalise, ricordarsi che queste affermazioni sono falsate dal sottinteso “noi che lo affermiamo sappiamo cos’è il mondo, sappiamo cos’è il reale, sappiamo che cos’è ciò a cui dovreste adattarvi” – perché il reale è quello che abbiamo definito. Cui consegue un secondo sottinteso disciplinare e disciplinante: obbedire a qualsiasi cosa gli scenari che passeranno vi chiederanno di attuare; concretizzando un’educazione che sospende l’esercizio creativo di comprensione in relazione alla realtà in cui si vive.


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