un sito di notizie, fatto dai commentatori

c00cina: Siamo quello che mangiamo?

0 commenti

Un articolo di Nature (paywall; qui il comunicato stampa dell’Università di Trento, che ha coordinato lo studio) introduce uno studio che viene definito come “la più grande catalogazione di microbi alimentari mai realizzata” e ci parla di come batteri e funghi presenti in alimenti fermentati come il kimchi sono anche stati trovati nel microbioma umano.

None of these findings is especially surprising, says Benjamin Wolfe, a microbiologist at Tufts University in Medford, Massachusetts. But the study lays the groundwork for detailed research into why various microbes — and communities of microbes — are in particular foods. He’s also intrigued by all the unknown microbes in what we eat. Mining these, Wolfe says, could lead to new kinds of food with novel properties.

Solitamente i batteri e i funghi presenti nei cibi derivano da colture effettuate in laboratorio per selezionare i microrganismi dalle caratteristiche più adatte all’alimento che si vuole ottenere, e spesso questo procedimento è molto lento, dato che è necessario procedere per singole colture. Lo studio dei microrganismi solitamente segue questo tipo di approccio, coltivando separatamente i batteri, i lieviti e le muffe oggetto di studio.

L’Università di Trento, invece, ha scelto un diverso tipo di approccio: utilizzando la metagenomica, uno strumento che permette lo studio di comunità microbiche direttamente nel loro ambiente naturale, i ricercatori hanno analizzato i metagenomi di oltre 2500 campioni di alimenti provenienti da 50 paesi; in particolare 1950 di questi non erano mai stati sequenziati prima.

This is the largest survey of microbes in food ever carried out,” says Nicola Segata, co-senior author of the study and computational microbiologist at the University of Trento and the European Institute of Oncology (Ieo) in Milan. “Now, we can use this data to better understand how the quality, conservation, safety, and other characteristics of foods are linked to the microbes they contain.

I ricercatori hanno anche osservato che alimenti simili tendono ad ospitare microrganismi simili, ma non identici, e che la maggiore diversità nelle popolazioni microbiche si ha nei prodotti lattiero-caseari.

Hanno anche osservato la limitata presenza di batteri potenzialmente patogeni, oltre alla presenza di alcune tipologie di microrganismi potenzialmente responsabili dell’alterazione del gusto o della conservabilità degli alimenti. Inoltre, le piccole differenze tra le comunità microbiche di alimenti simili ma prodotti in aziende diverse potrebbero aiutare gli enti regolatori a determinare l’origine dei prodotti.

It is surprising – continues Segata – that some microbes are present and perform similar functions in very different foods. At the same time, we have shown that foods that come from a specific facility or farm have unique characteristics. This could help determine the specificities and quality of a single production area. We could also use metagenomics to identify foods from a certain place and a certain production process

Un importante risultato dello studio mostra come il 3% circa del microbiota intestinale di un umano adulto deriva da quello contenuto nel suo cibo, e evidenzia come nei neonati questa percentuale salga ad oltre il 50%.

They showed that food-associated microbial species make up about 3% of the adult gut microbiome and over 50% of the gut microbiome of newborns. “This suggests that some of our gut microbes may be acquired directly from food, or that historically human populations got these microbes from food and then these microbes adapted to become part of the human microbiome,” Segata explains.

Il paper citato nell’articolo è in open access, visionabile da tutti.


Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.