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Via i neofascisti dal Salone del Libro. Abbiamo vinto. Ecco alcune cose da imparare per la prossima volta.

Via i neofascisti dal Salone del Libro. Abbiamo vinto. Ecco alcune cose da imparare per la prossima volta.

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A cura di @NedCuttle21(Ulm).

Un articolo del collettivo Wu Ming spiega l’importanza della decisione di escludere la casa editrice Altaforte dal Salone del libro di Torino.

Credere nella libertà d’espressione non significa considerare ogni espressione equivalente a qualunque altra. Ci sono idee alle quali non si può concedere la dignità del dibattito, perché rappresentano la negazione di ogni dibattito – e lo hanno dimostrato in mille occasioni. Non si può concedere spazio a chi difende e inneggia al nazifascismo, perché non si tratta di una semplice «idea», della quale discettare belli comodi, seduti sul divano. Nelle strade i fascisti ancora prevaricano, bastonano e uccidono. Per questo vanno tenuti fuori dalla porta e gli va conteso il terreno oltre quella porta.

Non può esserci alcun confronto con chi diffonde odio per una parte della specie umana e fa della violenza sui deboli la cifra del proprio predicare e agire. Questo a prescindere da quanti e quali reati costoro possano avere commesso in nome di certe idee. Lo abbiamo detto e non siamo stati i soli: il problema non è legale, ma politico e culturale. Per affrontarlo non serve un magistrato, ma determinazione e senso di responsabilità.

Forti della vittoria ottenuta a Torino, gli organizzatori di feste del libro, rassegne, kermesse e fiere editoriali vanno messi di fronte alla necessità di scegliere: se vuoi dare spazio a un editore fascista, non avrai autori antifascisti, né sopravvissuti all’Olocausto o vecchi partigiani. La cultura non si può piegare al modello del supermercato, dove puoi trovare tutto, dal biologico all’OGM, dalla frutta esotica al Km Zero. La scelta deve farla chi organizza e non soltanto il consumatore. Perché i libri e la cultura non sono una merce qualsiasi e diffondere certi contenuti comporta delle conseguenze.


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