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❓ #chiediloahookii – Pci e cultura cattolica

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Ragionando sul rapporto tra comunismo italiano e mondo cattolico, ho raccolto alcune domande che vorrei porre a tutti gli interessati alla storia italiana per sentire pareri diversi su una questione importante.

Siamo abituati a considerare le due grandi chiese dell’Italia del novecento, quella cattolica, e quella rappresentata dalla cultura di sinistra, comunista nello specifico, come due entità che, bene o male, hanno dovuto fare i conti l’una con l’altra. La chiesa cattolica non ha manifestato sentimenti molto diversi dall’avversione esplicita al marxismo e a tutte le proposte politiche figlie sin da prima la rivoluzione russa, pur con qualche attenuazione, poi rapidamente sparita nel corso degli anni ’20 per arrivare alla contrapposizione frontale e infine stemperarsi dopo il Vaticano II: Paolo VI approvò il compromesso storico anche se le prospettive del pontificato di Giovanni Paolo II, forse per maggiore intransigenza, sono state certamente diverse.

Quanto invece al Pci mi risulta più difficile ricostruire un percorso chiaro. Partiamo dal presupposto che Gramsci manifestò un vivo interesse per la religione cattolica, pur criticandone atteggiamenti e mentalità, Togliatti si convinse, in conseguenza anche della guerra civile spagnola, dei rischi dell’anticlericalismo e non perseguì questa strategia di lotta politica. Nel corso degli anni quaranta fu anche operativo un piccolo, ma interessante, gruppo di Sinistra Cristiana, tra l’ostilità della gerarchia (soprattutto nel caso dell’inquisitore Ottaviani), ma la relazione fu via via più difficile, salvo poi riemergere nel corso degli anni ’60. Non sono persuaso di quanto detto da Acquaviva, non tanto nel merito della questione delle ACLI, ma nella rilevanza dell’episodio in sé.

Insomma, si può dire che il Pci cercò un dialogo con la cultura cattolica più di quanto questa – o parti di essa – fosse interessata a tendere la mano?


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