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La popolarità di Hitler in India

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Su suggerimento di @Mirror.

Con un articolo su Esquire, Paolo Mossetti spiega perchè in India siano diffusi i gadget raffiguranti Adolf Hitler, “hitler” sia un brand di successo e il Mein Kampf sia diventato un best-seller: i giovani indiani non sono nazisti ma conoscono solo per sommi capi la storia dell’occidente e pensano il Führer sia stato uno statista carismatico. E quando si parla di Hitler in India l’Olocausto, più che essere esaltato, è semplicemente rimosso.

Questo per dire che il culto hitleriano in India non è né il frutto di una deliberata politica culturale, conseguente alla crescita dei partiti di destra in India, né, tantomeno, un fenomeno di pura irrazionalità. Piuttosto è come se il Mein Kampf fosse stato introdotto da correnti di mercato prima sotterranee, poi sempre più mainstream,diventando una razionalissima espressione dello zeitgest che si respira in India; entrando così nel “Canone Occidentale” di cui parlerebbe Harold Bloom nelle sue università imperiali; come uno dei “libri che bisogna assolutamente leggere” se si vuol appartenere pienamente all’alta borghesia indiana. Un consumo posizionale come lo è, per gli occidentali, L’arte della guerra di Sun Tzu: manualetto buono a tutti gli usi che una persona ne vuol fare, anche se sconnessa totalmente dal contesto geografico/culturale in cui il libro ha avuto origine.

Il tema era già stato trattato in passato, qui un articolo del 2014 dal Jerousalem Post, ma torna di attualità nel marzo 2018 dopo la segnalazione giunta al New York Times della copertina di una pubblicazione per ragazzi sui grandi leader che vede presente il Fuhrer, tra personaggi quali Mandela e Ghandi. Un articolo del Post riassume la vicenda ed allarga l’orizzone del fenomeno all’intera area asiatica.

 

Immagine da Wikimedia Commons.


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