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La società signorile di massa

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In questi giorni sono apparse sui media italiani varie recensioni del nuovo saggio La società signorile di massa del sociologo Luca Ricolfi e il giornalista Alessandro Milan vi ha dedicato una puntata della sua trasmissione radiofonica.

Secondo la definizione che ne dà Ricolfi nel suo libro, una società signorile è economicamente statica e caratterizzata dalla presenza di una parte della popolazione che vive nel privilegio e dedita al consumo opulento alle spalle di una massa produttiva.

L’Italia si troverebbe nella situazione, oggi unica e non sostenibile a lungo, di essere una società signorile di massa, in cui più di metà del consumo totale sarebbe sostenuto da redditi non provenienti dal lavoro. Per il momento questo sistema sociale è sostenuto, spiega Ricolfi, da due pilastri. Da un lato, l’enorme ricchezza famigliare accumulata dalle generazioni precedenti: nello specifico all’inizio per il miracolo economico, poi da metà anni ’70 a metà dei ’90 a causa di imponenti trasferimenti statali (diretti o indiretti) alle famiglie a spese del debito pubblico che è nel frattempo esploso, e infine dagli anni ’90 in poi per l’apprezzamento degli asset, in particolare immobiliari. Inoltre il fatto che sia piena di anziani e figli unici rende l’Italia di gran lunga il paese europeo con la maggiore eredità attesa (il flusso successorio sarebbe il 14% del pil). Dall’altro, l’esistenza di una estesa infrastruttura paraschiavistica ipersfruttata, in cui lavorano un esercito di 3 milioni e mezzo di persone (soprattutto immigrati), come raccoglitori stagionali di pomodori a 3 euro l’ora, colf e badanti in nero, muratori e facchini in nero, rider, dipendenti di finte cooperative multiservizi, prostitute e così via.

Intervistato da Italia Oggi, Ricolfi ha evidenziato anche una terza componente della società signorile di massa italiana. La crisi del sistema dell’istruzione e delle università:

D. Che ruolo ha avuto il sistema dell’istruzione e della formazione universitaria?

R. È stato cruciale, in vari sensi. La scuola, con la piena complicità di famiglie, mass media e politici, ha deliberatamente abbassato l’asticella della promozione, certificando sistematicamente competenze inesistenti o zoppicanti. Con due conseguenze: bloccare la mobilità ascendente dei ceti bassi, per i quali un’istruzione di qualità era l’unica vera carta a disposizione; creare un esercito di giovani sinceramente convinti di possedere le capacità che i loro titoli di studio certificavano, con conseguente formazione di un esercito di disoccupati volontari.

Immagine da Wikimedia.


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