Giuseppe Mendicino, su Doppio Zero, ci parla della ristampa per Mondadori di Martin Eden di Jack London.
Il romanzo narra la storia di un giovane povero e autodidatta che lotta per elevarsi nella società e nel mondo letterario. Nonostante sia spesso stato interpretato come un inno all’individualismo, per London stesso il libro rappresentava un’allegoria della sconfitta di tale ideale. La trama, infatti, riflette in parte la vita stessa dell’autore, con le sue difficoltà e speranze giovanili, fino alla disillusione.
La vita di London (nato John Griffith Chaney nel 1876) fu segnata da un’infanzia difficile, tra povertà e assenza della figura paterna. Fin da giovane, lavorò sodo in fabbriche e a 15 anni, grazie a un piccolo prestito, si unì ai razziatori di ostriche nella baia di San Francisco. A 17 anni, un viaggio come mozzo ispirò il suo primo racconto pubblicato, “Story of a Typhoon Off the Coast of Japan”. Nel 1897, la corsa all’oro nel Klondike, sebbene non lo arricchì materialmente, gli fornì un vasto repertorio di storie. Queste esperienze, unite a letture intense, confluirono in opere di successo come “Il richiamo della foresta” (1903) e “Zanna Bianca” (1906). London era un autore meticoloso, che revisionava spesso i suoi scritti. Oltre alle avventure, documentò la povertà e lo sfruttamento urbano, come nel reportage “The People of the Abyss” (1903).
“Martin Eden”, pubblicato tra il 1908 e il 1909, è un romanzo di formazione che però vira verso il disincanto quando il protagonista, raggiunto il successo, ne scopre la fragilità. London intendeva mostrare la caduta di un individualista, suggerendo che il vero valore della vita risiede nella lotta, non nel successo. Il romanzo riflette l’ambiguità dello scrittore, diviso tra ideali socialisti e desiderio di affermazione personale. Ernest Hemingway, autore che a London deve molto, riprenderà il tema della disillusione in “The Winner Take Nothing”. London affermò la sua fede nell’uomo, una fede che Martin Eden non aveva mai conquistato. Nonostante le fatiche e l’alcolismo, London rimase sempre legato alla vita e al suo mestiere, credendo profondamente nella letteratura. Morì a soli quarant’anni nel 1916.
Scritto a bordo dello yacht Snark, “Martin Eden” incorpora riferimenti a Herbert Spencer e Joseph Conrad, che influenzarono London. Il finale è considerato uno dei più memorabili della letteratura americana, e il romanzo ispirò autori come Francis Scott Fitzgerald. Negli anni successivi, London esplorò nuove tematiche con romanzi visionari come “Il tallone di ferro” (1908) e “La peste scarlatta” (1912), affrontando argomenti come i regimi totalitari e il sistema carcerario.


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