Nella settimana in cui la corsa all’intelligenza artificiale fa l’ennesimo balzo in avanti, le questioni etiche e soprattutto i team che si occupano di etica in relazione a questa tecnologia sono mollati indietro come un’inutile zavorra.
Mentre imprenditori tech e Ceo ci illustrano le possibilità (a volte ancora presunte) della rivoluzione AI – su cui ormai si stanno riversando copiosi investimenti e sforzi di marketing – ogni tanto torna a galla, come un ricordo spiacevole vanamente represso, la possibilità (reale e concreta) di usare gli ultimi sviluppi tecnologici a fini di sorveglianza.
Dopo gli Usa, TikTok è entrata nel mirino delle istituzioni Ue. Prima era arrivata la decisione della Commissione europea: app sospesa dai dispositivi di lavoro dei dipendenti dell’esecutivo europeo (e dai telefoni personali ma in realtà autorizzati ad accedere ad applicazioni di lavoro).
A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina e della cyberwarfare collegata, la maggior parte degli osservatori ritengono ancora (come già ritenevano mesi fa) che la risposta di Kiev sul fronte cyber sia stata al di sopra di molte aspettative.
Nelle ultime due newsletter abbiamo parlato della corsa all’AI da varie angolazioni (qui e qui), e ci siamo lasciati con le parole di Yann LeCun, uno dei padri fondatori della rivoluzione del deep learning, nonché Chief AI Scientist di Meta, che sembravano voler ridimensionare la novità di ChatGPT, il chatbot di OpenAI di cui tutti parlano da mesi, sottolineando come quella tecnologia non sia né unica né nuova e come esistano altri attori in gioco (che poi l’uscita di LeCun possa essere motivata anche da un certo fastidio per il successo mediatico del laboratorio rivale ci può stare ma interessa relativamente).
Cosa succede se fai scrivere i tuoi articoli a un’intelligenza artificiale?, scriveva giorni fa Il Post, con squisito understatement, in merito alla debacle di Cnet.
Apple ha annunciato l’aggiunta di tre nuove funzioni di sicurezza ai suoi servizi.
La prima si chiama iMessage Contact Key Verification e mostra avvisi all’interno delle conversazioni iMessage ogni volta che un nuovo dispositivo viene aggiunto all’account di un partecipante.
Indubbiamente gli ultimi sconquassi di Twitter (vedi la mia ultima newsletter), hanno prodotto un brusco incremento di utenti verso Mastodon, con alcune delle istanze più popolari che sospendevano le iscrizioni.
Qualunque cosa si possa pensare di Elon Musk e di Twitter (e lo spettro di questi pensieri è molto ampio), su una cosa possiamo forse concordare subito: non abbiamo assistito a una normale acquisizione di un social network.
Proseguono le audizioni della commissione PEGA, istituita dal Parlamento EU per indagare sull’uso dello spyware Pegasus e di altri strumenti equivalenti contro cittadini europei per motivi politici.
Uno scandalo politico e di intelligence ad altissimo livello, con al centro la cybersicurezza, sta scuotendo la Germania. È una vicenda complessa con molti punti ancora da chiarire ma ci sono alcuni elementi interessanti che vorrei evidenziare.
La commissione PEGA, istituita dal Parlamento europeo per investigare il presunto abuso di spyware nell’Unione, questione sollevata dall’inchiesta giornalistica internazionale nota come Pegasus Project (dal nome dello spyware Pegasus, prodotto da NSO Group), andrà in Grecia e a Cipro a inizio novembre per intervistare i principali testimoni e indagare sull’utilizzo di questi strumenti di sorveglianza invasiva (software malevoli che monitorano e spiano tutta l’attività di un dispositivo – non solo Pegasus ma anche altri, come vedremo) contro politici e giornalisti.
“Quello che ho scoperto [stando a Twitter] è che questa azienda enormemente influente era più di dieci anni indietro rispetto agli standard di sicurezza dell’industria.
La notizia è la seguente: l’Albania ha ordinato allo staff diplomatico iraniano di lasciare il Paese, annunciando la rottura delle relazioni diplomatiche con Teheran.
Se credete di aver passato una brutta estate, potete sempre consolarvi pensando che quella di Twitter è stata probabilmente peggiore. Ma c’è un motivo in più per essere interessati a quanto successo.
Il 14 giugno davanti alla commissione del Parlamento Ue che indaga “sull’uso di Pegasus e su equivalenti spyware di sorveglianza”, nota come PEGA, si sono presentati i rappresentanti di Google, Facebook/Meta e Microsoft.
Sappiamo perché i governi bloccano internet, totalmente o parzialmente (per spegnere il dissenso; impedire la sua organizzazione; ridurre l’accesso o la circolazione di informazioni sgradite, ecc); sappiamo che negli ultimi anni lo hanno fatto sempre più spesso (182 casi nel 2021 in 34 Paesi contro i 159 del 2020).
La scena cybercriminale, che la guerra in Ucraina ha in parte “hacktivizzato” creando delle idre dalle molte facce che mescolano moventi economici e politici, sembra essere in tumultuoso movimento.
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