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Il piano per uccidere milioni di tedeschi alla fine della Seconda guerra mondiale

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Daniel Kraft su Slate racconta il piano di alcuni ebrei e partigiani sopravvissuti ai lager di sterminare il popolo tedesco, vicenda ricostruita nel libro appena uscito negli Stati Uniti Nakam: The Holocaust Survivors Who Sought Full-Scale Revenge, di Bona Paric già a capo degli storici dello Yad Vashem, l’ente nazionale israeliano per la memoria della Shoa.

Erano greci, ucraini, slovacchi, ungheresi, francesi, italiani e di altre nazionalità che una volta liberati dai campi decisero di non tornare a casa prima di aver attuato un progetto di di vendetta su larga scala assumendo il nome di «Vendicatori». Il piano principale era quello di avvelenare l’acqua potabile delle grandi città e di sopprimere così il maggior numero di persone mettendo nel conto anziani, malati, donne e bambini. Solo se questo non fosse stato realizzabile allora si sarebbe optato per il piano alternativo di avvelenare l’acqua dei campi di detenzione per colpire i militari prigionieri degli Alleati.

A muoverli non solo la cieca e feroce brama di rappresaglia ma anche il timore che la cancellazione dell’ebraismo europeo non si sarebbe interrotta con la sconfitta della Germania e solo un atto clamoroso e spietato poteva essere di monito. I terroristi non si fermarono alla fase progettuale, ma si procurarono davvero il veleno per eliminare milioni di persone; solo la mancanza di freddezza e errori di esecuzione impedirono le stragi.

Anni dopo negli ex Vendicatori c’erano sentimenti contrastanti: chi come il leader del gruppo Abba Kovner, diventato famoso come poeta, parlò di un pensiero disturbato, «forse peggio che disturbato, un’idea raccapricciante, fatta interamente di disperazione e che porta con sé una sorta di suicidio». Per altri il maggior senso di colpa era dovuto al fallimento: «Papà e mamma non mi perdoneranno mai per non aver fatto niente! Mamma, papà, non ho fatto niente! Li hanno spogliati e fucilati. Sono tornato a casa ed era vuota. Eravamo sette figli. Mio zio ne aveva dieci. Avremmo dovuto riprovarci ancora e ancora!».


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